giovedì 11 novembre 2010

Lasciare, andare

per Lidia Riviello

In giorni dissestati come questi, a fatica
dal fondo della mia memoria affiora
un binocolo giocattolo che portavo con me
anche quando andavo a dormire, che a un certo punto
si ruppe.
Avevo più o meno l’età di mia figlia ora
e a quattro anni suonati è difficile accettare
che qualcosa che c’è sempre stato cessi d’assoluto di essere.
Per quel che mi riguardava potevamo anche
tenerlo così com’era, inutile alla sua funzione primaria,
lo avrei visto così come me lo aveva regalato con un sorriso
una lontana zia senza volto né più nome.
Così mio padre mi propose, non di seppellirlo,
che non avrebbe avuto aria per respirare,
ma di lasciarlo in un posto che solo noi sapevamo,
dove avrei potuto fargli visita e salutarlo ogni volta
che con la nostra 850 blu saremmo passati
a fianco del cavalcavia della Pontina, per andare
a quello che all’epoca era il nostro mare.
Era lui il mio eroe a quei tempi, e come mia figlia
ora guarda ammirata i miei tatuaggi o a come
riesco a palleggiare con tutti e due i piedi,
così mi rassicurava il fatto che capisse
la mia preoccupazione acché il binocolo trovasse
una vita diversa da quella che aveva avuto con me,
anche se da sempre per lui una cosa che non serve
si butta via.

Altre cose, altre persone avrei dovuto, mio malgrado
lasciare andare a luoghi e vite differenti, alcune
dall’oggi al niente, senza il tempo di capire
o di vederle partire, altre con lentezza impercettibile,
continuando a transitare sulla solita strada a cui
hanno cambiato il senso di marcia, finché un giorno
non ti arriva a casa una multa. Perciò realizzi.
E tra questi ci sei tu, Papà, con cui penso di parlare
senza capire che quel padre che capiva non c’è più
da molto tempo, che invece di trattenere a me
tratti sbiaditi di quell’immagine lontana, avrei dovuto
guardare la realtà, lasciarti andare ovunque tu fossi
stato intenzionato a dirigerti, come feci quel pomeriggio
con il mio cannocchiale in parte ancora buono.

Ti lascio andare adesso, prima che la vita,
più tiranna e sovrana di qualunque realtà,
lasci andare te, infine, al tuo viaggio verso quel nulla
a cui da sempre, segretamente, aneli.

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