venerdì 23 ottobre 2009

17 anni, una vita, un'eternità, un battito di ciglia

Non ricordo bene come fosse il tempo, il 23 ottobre 1992; molto probabilmente c'era il sole. Una di quelle giornate ottobrine e romane che rendono impossibile o inaccettabile il pensiero di una fine. Una morte. Con il sole di roma d'ottobre puoi andare ovunque, gira' tutt'er monno. Anche morire col sorriso sulle labbra.
Non ricordo suoni, rumori, sensazioni tattili, gusti. Ho solo immagini, ben nitide, che scorrono a tratti, come quando il satellite è disturbato da un temporale. Mia madre è morta oggi, (o) 17 anni fa. I ragazzi a cui insegno ogni giorno e fino al 31 di questo mese il 1992 lo conoscono come io conosco il 1950 o il 1962, con chuck berry e i beatles, solo che non hanno nulla da ricordare, nulla che li catapulti in quell'anno di stragi di mafia e svalutazione. o forse sì; non sono ancora arrivato ad essere tanto dissociato da andare a chiedere a qualcuno se e cosa lo lega a un particolare anno: ci tengo all'immagine di sanità e intelligenza che il mondo circostante sembra avere di me.
La voce di mia madre è un suono lontano nel tempo, affondato in chilometri di ovatta - eppure penso la riconoscerei al volo per strada, oppure dall'altra parte del cavo telefonico (non mi riesce di associarla al concetto di telefono cellulare).
Stamattina andando al lavoro pensavo vedi che giornata normale, un po' schifosa visto il tempo, gli scioperi, il traffico, le cavallette (...) - pensavo che dev'essere stato il pensiero di quelli che incrociavo per la loro strada ordinaria mentre seguivo quel carro funebre scoglionato che proprio non se ne teneva di andare fino in abbruzzo, al freddo, per poi tornare col buio, il traffico. Almeno non pioveva, quel 23 ottobre 1992. Non ricordo che giorno della settimana fosse; potrei andare a gugolarlo facilmente, ma non cambierebbe l'esito delle cose. Stiamo parlando della mia memoria, non quella di gugol. Potrei gugolare tutte le cose successe in quel giorno (che non era domenica, ma forse venerdì o sabato) ma idem con patate, la cosa che ricordo e che nessuna memoria virtuale potrà cancellarmi è che la sera prima, tardi, sorretto da pochi amici, sono entrato in un ospedale della periferia scalcinata di roma nord, ho preparato un the per mia madre, lei mi ha accarezzato la fronte, salutato, e il giorno dopo non era più.
Mi chiedo se ci sia mai stata.
Mi rispondo di sì.
Ora spengo il computer, vado a prendere un po' di pioggia; senza incazzarmi con gli automobilisti, le buche, il governo, lo smog. Ecco il mio regalo per oggi. O almeno ci provo. Immagino sia questo il vantaggio ad esser vivi.
Amen.